lunedì 18 novembre 2013

Pedagogia delle emozioni... tra il Revolto e lo Scalorbi!

Ieri ho fatto una delle mie gite in montagna, ultimamente sono le giornate che preferisco. La natura che ritrovo in quei luoghi evoca in me intuizioni e meditazioni che raramente riescono in altri ambienti. 
Prima però torniamo un po' indietro... Martedì scorso, ad una serata che ho tenuto sulle emozioni avevo ribadito l'importanza del collegamento corpo-mente (direi molto più di un semplice collegamento...) e di come questo sentire ce lo potesse dare la natura, di come i bambini potessero apprendere le proprie emozioni con una passeggiata all'aria aperta... Come sempre ciò che dico agli altri non rimane mai lì fermo nel momento e non svanisce lì, ma dentro di me continua a mutare e a farsi sentire. Così è accaduto anche stavolta ed è servita una delle mie migliori domeniche per prendere piena consapevolezza di ciò che avevo detto. 
Siamo partiti io e mio marito dal Rifugio Revolto. Sapevamo che stavolta, al contrario delle nostre camminate estive, avremmo percorso meno strada a causa del freddo e della neve che immaginavamo fosse già sull'ultimo rifugio del Monte Carega. Insomma una camminata poco impegnativa, ma che ci lasciava lo spazio per altro. Salendo verso il Rifugio Scalorbi il freddo aumentava e anche la fatica, ma il desiderio di arrivare alla meta che ci eravamo prefissati ci faceva andare avanti. La fatica che si sente in quei momenti diventa quasi piacevole, già questo è un grande insegnamento che si da al proprio corpo e, inevitabilmente, alla propria mente. Le emozioni che si sperimentano sono le più svariate: sconforto se i tornanti che si susseguono iniziano a diventare molti o gioia quando vediamo il rifugio in lontananza. In più ci sentiamo accolti dalla natura, ad ogni passo lei ci sostiene. Allo stesso tempo però, le strade in salita e l'imponenza delle montagne ci ricordano la necessità di percorrere le nostre mete con umiltà. Imparo ad accettare e a conoscere dove posso arrivare io con il mio corpo e con la mia mente, imparo quindi ad amarmi per quello che sono. 

Saliamo, sappiamo che manca poco, iniziamo a vedere non solo le vette innevate, ma anche qualche macchia di neve ai bordi della strada che stiamo percorrendo. Infatti arrivati al Scalorbi mai ci saremmo aspettati di avere già un così bel paesaggio! La neve e il silenzio, che lei porta con sè, erano lì davanti ai nostri occhi! Ci siamo emozionati e per un attimo eravamo come dei bambini che si divertivano a giocare con l'eco e a lanciarsi la prima neve. Poi ci siamo accomodati tra quel bianco per fare uno spuntino, il meritato riposo, la meritata pace dell'arrivo. Ciò che di bello accade quando si arriva alla propria meta senza aspettarsi nulla è che quasi sempre ciò che ci accade è più bello di quello che avremmo mai potuto immaginare noi. Se percorriamo con umiltà i nostri percorsi, accettando anche la fatica, lo sconforto; assaporando ogni passo che si fa e stando presenti ad esso, non costruiremmo nella mente esattamente ciò che vogliamo e così la sorpresa di quello che ci verrà dato sarà enorme. Ciò su cui ci dobbiamo concentrare è la strada da percorrere e il sapere dove ci porterà, ma cerchiamo di non immaginare già come sarà quel luogo, lasciamo che il tempo e gli eventi e le strade che sceglieremo lo possano modificare. La natura, questa meraviglia degli eventi, ce la sa far vedere quotidianamente. Lei sa come rispettare i suoi cicli, come percorrere la sua strada, ma a volte, una nevicata improvvisa può impreziosire ciò che già è meraviglioso.



mercoledì 16 ottobre 2013

Tecnologia e bambini: la scelta ai genitori


I videogiochi, la TV e la realtà virtuale in generale, fanno ormai parte della quotidianità dei bambini e di tutti noi, ma spesso i genitori non sono ancora preparati a conoscere i limiti o le potenzialità che si nascondono dietro a questi mondi. Alcuni papà o mamme ci sono cresciuti con questi mezzi, altri invece appartengono ancora ad una generazione che li ha visti nascere. Molti hanno comunque in comune la poca consapevolezza di come esserne mediatori.

Spesso viene sottovalutata la potenza comunicativa dei suoni e delle immagini in individui in crescita in cui l'attività cerebrale non è nettamente liberalizzata e in cui realtà e finzione hanno difficilmente un netto contrasto. Alcuni genitori ne sono spaventati e allontanano i loro figli da qualsiasi forma informatica o multimediale che possa esistere, altri danno invece a loro disposizione qualsiasi tipo di gioco o di visione televisiva.

I rischi che si celano sono svariati: confusione tra realtà e finzione, non corretta mediazione dei messaggi anche subliminali che vengono forniti, non corretta osservazione della realtà in cui si vive, scarsa mediazione emotiva di ciò che si osserva, distacco dalla realtà familiare, chiusura in sé stessi, abbassamento della concentrazione e dell'attenzione, nervosismo, richiesta di consumo eccessivo di alcuni alimenti... si potrebbe continuare per molto ancora, ma dall'altra parte sorge spontaneo pensare che questo è il mondo in cui cresceranno i bambini e le bambine di oggi. Quale allora il giusto limite? Personalmente credo che, nel momento in cui il tablet o il videogioco non viene utilizzato come modalità per zittire il bambino o per far sì che “non disturbi” in casa o fuori a cena, la tecnologia può avere in sé grandi potenzialità. Se prima di tutto è il genitore a prendersi la responsabilità educativa, e con lui tutti gli altri educatori che ruotano attorno a suo figlio, ogni strumento utilizzato avrà la forza che lo stesso adulto deciderà di dargli e di trasmettere. Allora si potranno usare anche i videogiochi mediando sulla qualità, sul tempo e sull'età idonea e lo stesso si farà con la TV e con i tablet.

Capisco che spesso la difficoltà sta proprio nel saper scegliere, specie se si tratta di rivolgersi a bambini dai 3 ai 5 anni. Personalmente credo che a questa età il classico videogioco da TV sarebbe da evitare, i processi evolutivi e cerebrali sono ancora molto delicati. Molto facilmente si possono provocare dipendenze e distaccamento eccessivo dalla realtà che invece il bambino ha bisogno di vivere a pieno con tutto il corpo per uno sviluppo globale. Inoltre, il saper utilizzare uno strumento informatico come il PC credo, anche per esperienza personale, che sia lontano o comunque staccato dal saper utilizzare una console.

Per quanto riguarda i tablet, si potrebbe fare un discorso a parte. La letteratura per l'infanzia sta emergendo anche tra gli e-book, sia riproponendo vecchie fiabe, sia con nuovi libri, alcuni di questi davvero interessanti. Se al bambino, avido di esperienze tattili, non verrà completamente negato il normale libro di carta (o di altri materiali nel caso dell'infanzia), l'e-book potrà essere un'ulteriore forma per vivere l'esperienza del racconto e della lettura di storie. Alcune applicazioni valide vengono proposte da Studio Pango, con dei libri interattivi, o JekoLab. Elisa Spadaro, nel suo ultimo articolo sulla rivista Il PepeVerde, descrive bene come quest'ultima abbia creato applicazioni specifiche per il parent control, cioè un timer che permette ai genitori di gestire il tempo di gioco del bambino. Un'altra App da segnalare è quella di Gioia Marchegiani, nominata come Editor's Choiche Award 2012. Sfogliando tra le pagine di internet altre applicazioni, giochi o e-book si possono certamente trovare, ma ciò che resta fondamentale è sempre la scelta e la mediazione fatta dall'adulto. Il bambino e la bambina devono sentirsi sorretti e sicuri dalle scelte che compiono con consapevolezza i loro educatori.
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vi lascio con un pezzo dell'articolo scritto sempre sul PepeVerde n. 57/2013, da Paola Parlato: “Perciò è necessario, oggi più che mai, che gli educatori- genitori, insegnanti, agenzie di formazione e organi costituzionali – tornino a dialogare, a confrontarsi, a elaborare ragionamenti e strategie coerenti...Perchè quello che conta è il mediatore, l'accompagnatore, ora suadente ora normativo, che guidi i più giovani a rapportarsi alle risorse e a gestirle, a usarle sapientemente prima di esserne usati, prima che la complessità renda più deboli ed esposti invece che più forti e consapevoli.”.

lunedì 14 ottobre 2013

Figli, ovvero: come divenire nel mondo dei genitori...

Non si è nel mondo,
si diviene con il mondo,
si diviene contemplandolo.
Tutto è visione, divenire.
Si diviene universo.
Divenire animale, vegetale,
molecolare, divenire zero.
(Gilles Deleuze)
 

Una delle questioni che attanaglia maggiormente i genitori è quello di come dare le regole, di sapere quale è il confine tra il lasciar decidere ai propri figli e pensare a ciò che è meglio per loro. Credo che viviamo in un periodo di confusione in cui spesso vi è molta incoerenza tra quello che si crede o si pensa e quello che poi invece si fa o si sceglie realmente. Siamo portati a vivere nella continua finzione o nel continuo pensiero di ciò che si vorrebbe essere o fare, dimenticando e perdendo il senso di ciò che si è davvero, di ciò che si sta vivendo nel presente. Tutto ciò provoca smarrimento e poco senso della realtà. I bambini sanno esprimere bene questo disagio: capricci, agitazione, insonnia, pianti inconsolabili... e molti altri atteggiamenti che gli educatori di oggi hanno ben presente e  che ci mettono davanti ala classica domanda: "Ma hai tutto... cosa ti manca?!". Ho riflettuto su questo e credo che ciò che manca è la realtà delle cose. I figli e le figlie di oggi vivono attraverso il nostro spaesamento, e se è vero ciò che leggiamo del filoso Deleuze, se noi diveniamo il mondo che viviamo, quale potrà essere la risposta di chi non si sente sicuro e sorretto? Il bambino vive il mondo dei genitori, attraverso di esso, nella quotidianità. Spesso siamo in cerca della ricetta "salvavita" che cambi l'atteggiamento del bambino dall'oggi al domani. A volte esistono delle strategie che sembrano portare a dei risultati, ma queste possono avere efficacia a mio avviso solo se entrano a far parte della normalità e non del gesto straordinario. Il bambino avrà un vero e sereno cambiamento solo quando il genitore per primo "diverrà con quel mondo nuovo che gli sta proponendo". I figli cambiano quando cambia il mondo vissuto dai genitori. Ciò che davvero è vincente è la congruenza del fare e del pensare che possono avere una madre e un padre nel loro abitare il mondo. Il metodo più efficacie per trasmettere qualcosa è l'esempio e il vivere consapevoli di ciò che si fa. Se cogliamo la sfida di essere mediatori per l'educazione dei nostri figli, possiamo anche cogliere la sfida di rieducare il nostro divenire per essere un nuovo mondo per il loro divenire.

martedì 17 settembre 2013

La necessità di conoscersi

Fin dall'antichità l'uomo e la donna si sono posti quesiti per riuscire a capire da dove venivano e dove stavano andando. Questa necessità, soddisfatta un tempo a livello sociale, oggi sembra non avere più lo stesso effetto. Nella storia si sono viste religioni o filosofie di vita che davano vie sicure, che non lasciavano spazio alla domanda individuale, ogni risposta era data fin dall'inizio. Con l'accrescere della libertà individuale ci troviamo davanti alla necessità di trovare ognuno il proprio percorso. Purtroppo sembra a volte che la società in cui viviamo ci abbia concesso l'opportunità di scegliere, ma non ci abbia dato gli strumenti per farlo. A questo punto ogni cosa è stata messa in dubbio e ci siamo ritrovati come in un fiume in piena, cercando di aggrapparci ai pochi rami che ci rimanevano lungo l'argine. Il tempo nelle traversate sicure in barca come pescatori, delle acque guidate da divinità, sembra finito. Sembra ci sia stata una rottura con ciò che eravamo e con ciò che vogliamo essere. Quando il passato e il futuro sono incerti anche il presente vacilla, crescono le ansie, le indecisioni, le paure. Soprattutto queste ultime provengono da una mancanza di conoscenze, di obbiettivi, di credenze positive, di fede e fiducia.
Se non vogliamo cadere nell'individualismo a cui purtroppo è soggetta la nostra cultura odierna, dobbiamo necessariamente iniziare un cammino che ricolleghi il nostro passato, le nostre radici, ai frutti futuri del nostro albero.
Qui non si tratta di conoscere se stessi per liberarci da malattie psicologiche attraverso un percorso di tipo freudiano, lascio ad altri, agli psicologi, questo arduo compito. Ciò a cui mi riferisco è un conoscersi come uomo o donna attraverso arti o tecniche che richiamino la nostra ancestralità, quindi strumenti che utilizzino il corpo come lo yoga, o l'arte come i disegni o immagini come i tarocchi, non visti come mezzo di predizione, ma come strumenti di conoscenza... svariate possono essere le strade che ci ricollegano al nostro presente.

mercoledì 4 settembre 2013

L'iperattività... cos'è?

Oggi, nella scuola in cui lavoro, una mia collega mi ha posto la seguente domanda "Le cause dell'iperattività sono genetiche?". Da qui è nata una lunga riflessione sull'argomento, tanto che ho voluto prendere spunto per parlarne qui con voi questa sera.
La sindrome denominata ADHD nasce dopo test diagnostici fatti su bambini nei quali si riscontravano precise caratteristiche. Fin qui potrebbe anche andare bene, ciò che lasciò molti esperti di educazione e genitori perplessi fu l'immediata cura che ne seguì: uno psicofarmaco, il famoso Ritalin. Bene, se la vostra ideologia vi impone di seguire ciecamente ciò che le case farmaceutiche vi impongono vi consiglio di non andare avanti nella lettura.
La mia collega invece, con un lieve sogghigno, ha continuato dicendo: "Ok, e invece "la nostra pedagogia" cosa dice?". Personalmente mi piace pensare per diverse sfumature e pur avendo letto molto sull'argomento mi lascio sempre qualche via aperta per il confronto. Ciò che per ora mi convince di più sono due strade.
La prima riguarda una possibile carenza di alcuni elementi come il Ferro che impediscono una giusta attività cerebrale e per questo vi consiglio il libro di S. Scoglio "Non è colpa dei bambini". La seconda invece ha una sfumatura più "pedagogica". A mio vedere un certo tipo di educazione e di modo di vivere sta alimentando un eccessivo stress in bambini, ma anche in adulti che da qualche parte deve necessariamente uscire; siamo come troppo carichi di energia. Qui possiamo riprendere il discorso dell'alimentazione ad esempio. Troppi zuccheri, carboidrati raffinati o sostanze eccitanti come la caffeina sono presenti quotidianamente nella dieta dei nostri figli. Dall'altra manca il giusto movimento libero e non guidato da sport o da attività guidate che avevamo un tempo. Non voglio fare la nostalgica o la bacchettona, ma semplicemente dobbiamo iniziare a pensare a quanto stanno seduti i bambini e le bambine di oggi (scuola, Tv, si preferiscono giochi come i videogame...), ma allo stesso tempo vengono iperstimolati da immagini e suoni sovreccitanti. Un cane che si morde la coda!! Mi carico di energia con alimenti, immagini e suoni, ma non li trasformo in nessuna delle mie attività quotidiane... da qualche parte tutta questa riserva dovrà uscire! Ad un certo punto accade quindi, in soggetti che possono sicuramente essere più predisposti di altri, che non ci si sappia più autoregolare e che si continui a scegliere attività sovreccitanti. Di generazione in generazione stiamo perdendo la capacità di fermare noi e il nostro corpo, di controllarlo con serenità ed equilibrio e tutto questo si registra nel nostro DNA. Forse allora può essere vero in questo senso una base genetica, ma credo che siamo ancora in tempo per ripensare all'educazione che diamo alle nuove generazioni. Personalmente ho trovato molti frutti nell'utilizzo con i bambini e preadolescenti di giochi di meditazione o rilassamento che si rifanno allo Yoga. Un altro grande strumento sono anche i Mandala. Molte altre sono le nuove strade che ognuno di noi può trovare per far sì che i nuovi bambini e bambine possano ritrovare la loro serenità e smettano di crescere in balia di un corpo che sembra quasi estraneo a loro.
Vi lascio con il nome di un sito che per curiosità potete andare a visitare: www.giulemanidaibambini.org. Buon approfondimento!

martedì 3 settembre 2013

Perchè la pedagogia...

Quando ho iniziato il mio lungo percorso di studi devo ammettere che non avevo ben chiaro cosa fosse la Pedagogia. Per questo motivo quando mi ritrovo davanti a persone che non conoscono la mia professione, comprendo e provo a spiegare, ma non sempre mi risulta così semplice.
La Pedagogia è una scienza? Per certi punti di vista sì, ha proprie metodologie di ricerca ed un suo modus operandi, ma non è solo questo... E' un'arte? Sì, l'educazione è necessariamente arte, è indispensabile creatività e immaginazione quando ci trova davanti alle infinite possibilità che ha una Persona di Essere... E' per i bambini? Sì, a patto che si considerino anche tutti quei bambini vecchi o mai cresciuti dentro ogni giovane, adulto o anziano... Ma come, allora non si occupa solo di scuola e dell'essere alunni o educandi? Eh, non solo... se possiamo evolverci fino alla fine dei nostri giorni, l'educazione, come "tirar fuori" ciò che abbiamo dentro di noi, è necessariamente per tutte le età. Ma se io ho problemi non c'è già lo psicologo? Se i problemi sono di "tipo psicologico" si! Davanti a turbe psichiche non si può certo improvvisare, ma se parliamo di percorsi educativi o di crescita personale il Pedagogista può avere una visione d'insieme ampia, generale e creativa. Infatti io non mi occupo della malattia fisica o psichica, non cerco attraverso test idonei di sviscerare il problema, ma mi rivolgo alla Persona, a qualsiasi Persona che abbia voglia di conoscersi. Dialogo con quella parte positiva che è dentro ognuno di noi attraverso tecniche non invasive, dolci e olistiche. Infatti per poter rispettare chi ho davanti ho appreso nel tempo diverse tecniche che mi permettono di sciogliere la storia di chi ho davanti come farebbe un acquerello sulla tela, non definendo i limiti, ma lasciandoli sfumati e intersecati tra di loro. Mi servo di arte, tecniche energetiche, didattiche metacognitive, Fiori di Bach, Yoga, meditazione... Molte sono le strade che possono portare l'uomo e la donna, il bambino e la bambina a conoscersi e a evolvere le proprie potenzialità.